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venerdì 7 gennaio 2011

Brooklyn's Finest

TITOLO: Brooklyn's Finest
REGIA: Antoine Fuqua
SCENEGGIATURA: Michael C. Marti
ATTORI: Richard Gere, Ethan Hawke, Don Cheadle
FOTOGRAFIA: Patrick Murguia
MONTAGGIO: Barbara Tulliver
MUSICHE: Marcelo Zarvos
PAESE: USA 2009
GENERE: Azione, Drammatico, Poliziesco
DURATA: 140 Min







Antoine Fuqua torna al cop-movie,dopo quasi dieci anni dal pluridecorato Training Day e con Broooklyn’s finest conferma involontariamente l’unicità del capolavoro del 2001,inarrivabile per la forza dirompente con la quale ha reinventato un genere ai tempi avaro di emozioni e idee.
Le minestre non si riscaldano verrebbe da dire allora, ma nell’impero del business Hollywoodiano comandano i vecchi dollari(“it’s all about the money” per dirla con  gli Yankee), e di fronte al Dio denaro,a un film con sottotitolo Training Day 2,timori e remore si disfano come fragili castelli di sabbia sotto una pioggia di illusori incassi da sequel.
La pioggia ha travolto il castello ma non ha risparmiato neanche la fragile costruzione di Fuqua, punita al box-office con incassi appena sufficienti e con la beffa dell’irriverente paragone con Training Day,eretto a simbolo del passato glorioso del regista.
Brooklyn’s finest non aggiunge niente ad un genere ormai inflazionato,dove tutto è stato detto e fatto e che solo il capolavoro “da anno zero” potrebbe salvare da un lento e malinconico declino.
I tre poliziotti protagonisti,Tango(Don Cheadle),un infiltrato esausto e pentito,Sal(Ethan Hawke),un membro della narcotici con disperato bisogno di soldi, e Eddie(Richard Gere), un inetto apatico sessantenne prossimo alla pensione,sono enfaticamente drammatizzati,depressi,instabili, mentalmente erosi dal conflitto che si portano dentro e che ricalca l’antitetico dilemma vivere-sopravvivere.
Li unisce questo, il conflitto morale, la possibilità e difficoltà di scendere a compromesso con i valori che ci vengono insegnati, la volontà di cambiare che prende di colpo il sopravvento emarginando in un angolo anni di rimorsi e sensi di colpa.
Quanti patti con se stesso deve fare un uomo,prima di crollare,prima di rendersi conto che i compromessi troppo ingombranti, con il tempo, si trasformano in ferite mortali, prima che le rinunce,sottili e tacite,esplodano come un tumore avvelenando la coscienza?
Questo è il leitmotiv di Brooklyn finest,un ritornello,efficace quanto abusato, trascinato senza troppa verve per oltre due ore di pellicola.

Il film difetta a decollare,la prima ora è soporifera,poco ritmo e sceneggiatura statica,l’effetto è quello di un eccellente caratterizzazione dei personaggi che si ritrovano completi, pienamente drammatizzati, ma senza azione,movimento.
Manca il dinamismo alla Training Day e la capacità che ebbe Fuqua di disegnare i personaggi nel corso del racconto.
La seconda parte è più vivace, supportata e da una regia sempre ferma e tecnicamente ineccepibile,le staticità  si trascinano anche qui,ma Fuqua sa scandire alla perfezione i punti di svolta che alzano le palpebre degli spettatori e lo conducono verso il finale.
Le aspettative non sono mantenute e l’ultima parte del film è la più discutibile, i tre personaggi,alla resa dei conti, vengono riuniti nello stesso palazzo, una scelta stilistica pretenziosa,giustificabile solo nel tentativo del regista di salvare il film al capolinea con il risultato, disastrosamente nonsense, di demolire la pellicola e confermare la stitichezza di idee.

La cadenza della narrazione è più da documentario,non ci sono svolte,lo spettatore è costretto ad apprezzare la bravura tecnica del regista e degli attori e l’ottima fotografia, perché oltre c’è poco,come se il primo compromesso fosse stato quello del regista stesso, ha rischiato troppo poco,giocando sul velluto accogliente dell’illustre predecessore.



G.S.

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