TRANSLATE

giovedì 2 dicembre 2010

UN BERSANI QUALUNQUE

 Un caro amico, che lavora nell’ambiente della musica, un giorno di qualche anno addietro mi fa: “ascolta Bersani, questa è una raccolta dei pezzi migliori, secondo me un musicista come te potrebbe imparare dai suoi arrangiamenti.” Mi regala un cd, dove un primo piano di Bersani domina la copertina e io m’immedesimo, nonostante i miei trent’anni suonati da un pezzo, in una ragazzina innamorata, ci mancava solo che stringessi il regalo al petto. Già perché, allora pensavo che Bersani riscuotesse più successo tra il pubblico adolescenziale femminile ma che era comunque l’autore di Giudizi Universali, una canzone di rara bellezza e sentimento: un testo infinito, impastato come caviale su un pianoforte ipnotico, intimo ed emozionante. Ascoltai molte volte il cd e lo collocai nel mio scaffale ideale dei preferiti. Scoprii altri piccoli capolavori in Chicco e Spillo, Spaccacuore (in radio e in tv anche grazie alla Pausini, che fa guadagnare tanti soldini al Bersani che però dichiara che la versione femminile è troppo barocca per l’eccessiva presenza di violini… artisti!), Freak e Il Mostro. 
Bene. Bersani era riuscito a colpire anche me, un ascoltatore molto critico e a volte prevenuto ed esterofilo. Continuai ad ascoltare il cd, l’unico in mio possesso dell’artista in questione, imparai a suonare anche i pezzi più rappresentativi (per gli addetti ai lavori, Giudizi Universali viene benissimo con la chitarra sulla spiaggia). Insomma Bersani conquistò le mie grazie. Il mio amico lavorava ancora nella discografia e ogni tanto mi continuava a passare artisti da sottoporre al mio orecchio ma come Bersani non riuscì più l’esperimento, allora l’amico disse: “sai che c’è? Come si può, ti porto con me ad ascoltarlo dal vivo.” E fu lì che una brusca sterzata mi costrinse a fare dietro-front per tornare sui miei passi di estimatore. Già perché se fossi rimasto al puro ascolto, forse un giorno mi sarei pure comprato un album, chissà, ma osservata la performance, il mio giudizio, non universale ovviamente, fu severo e deluso. Un vero artista, cioè una persona che usa l’arte come espressione e realizzazione di se stesso, tende ad arrangiare i pezzi dal vivo in base allo stato d’animo di quel momento o quel mese o quell’anno. Invece il Bersani non solo non aveva cambiato niente nei pezzi che i paganti (io no) avevano sentito chissà quante volte dallo stereo ma addirittura si presenta sul palco… con le basi! Immaginai i musicisti rinchiusi in una gogna profumata dai tanti soldi che avrebbero riscosso alla fine dello spettacolo o concerto o, a questo punto, riproduzione live dei brani. Sgattaiolai via prima del telefonatissimo bis, nonostante la poltrona in prima fila e un buttafuori gigante che continuava a scuotermi la testa.

Nessun commento:

Posta un commento